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170 xviii - attilio regolo


Regolo.   No: ti compiango. Ignori

che sia virtú. Mostrar virtú pretendi;
e me, la patria tua, te stesso offendi.
Amilcare. Io!
Regolo.   Sí. Come disponi
della mia libertá? Servo son io
di Cartago o di te?
Amilcare.   Non è tuo peso
l’esaminar se il benefizio...
Regolo.   È grande
il benefizio in ver! Rendermi reo,
profugo, mentitor...
Amilcare.   Ma qui si tratta
del viver tuo. Sai che supplizi atroci
Cartago t’apprestò? sai quale scempio
lá si fará di te?
Regolo.   Ma tu conosci,
Amilcare, i romani?
sai che vivon d’onor? che questo solo
è sprone all’opre lor, misura, oggetto?
Senza cangiar d’aspetto,
qui s’impara a morir; qui si deride,
pur che gloria produca, ogni tormento;
e la sola viltá qui fa spavento.
Amilcare. Magnifiche parole,
belle ad udir; ma inopportuno è meco
quel fastoso linguaggio. Io so che a tutti
la vita è cara, e che tu stesso...
Regolo.   Ah! troppo
di mia pazienza abusi. I legni appresta,
raduna i tuoi seguaci,
compisci il tuo dover, barbaro, e taci.
Amilcare.   Fa’ pur l’intrepido,
          m’insulta audace,
          chiama pur barbara
          la mia pietá.