Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. IV, 1914 – BEIC 1885923.djvu/88

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82 xvii - zenobia


Mitrane. Ah! pur troppo si sa.

Tiridate.   Che avvenne?
Mitrane.   È morta.
Tiridate. Santi numi del ciel!
Mitrane.   Quell’empio istesso,
che il genitor trafisse,
la figlia anche svenò.
Tiridate.   Chi?
Mitrane.   Radamisto
fu l’inumano.
Tiridate.   Ah, scellerato! E tanto...
No, possibil non è. Qual cor non placa
tanta bellezza? Ei ne languía d’amore.
Non crederlo, Mitrane.
Mitrane.   Il ciel volesse
che fosse dubbio il caso. Ei dell’Arasse
sul margo la ferí: dall’altra sponda
un pescator nell’onda
cader la vide. A darle aita a nuoto
corse, ma invano: era sommersa. Ei solo
l’ondeggiante raccolse
sopravveste sanguigna. I detti suoi
esser non ponno infidi:
la spoglia è di Zenobia, ed io la vidi.
Tiridate. Soccorrimi.
Zenobia.   (Oh cimento!)
Tiridate. (si appoggia ad un tronco)  Agli occhi miei
manca il lume del dí.
Zenobia.   (Consiglio, o dèi!)
Mitrane. Principe, ardir! Con questi colpi i numi
fan prova degli eroi.
Tiridate.   Lasciami.
Mitrane.   In questo
stato degg’io lasciarti!
Di me, signor, che si direbbe!
Tiridate.   Ah! parti.