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90 xvii - zenobia


mai piú non mi guidate. E con qual fronte

dirgli che d’altri io son? Contro il mio sposo
temerei d’irritarlo: il suo dolore
vacillar mi farebbe... Ah, se tornasse
quindi a passar! Fuggasi il rischio: asilo
mi sia questa capanna. Aimè! chi mai
veggo?... o il timor, che ho nella mente impresso,
mi finge... Oh stelle! è Tiridate istesso.
Tiridate. Senti. Or mi fuggi invan: dovunque andrai,
al tuo fianco sarò.
  (uscendo dalla capanna ed inseguendo Zenobia)
Zenobia.   Ferma! Ti sento.
Tiridate. Ah, Zenobia, Zenobia!
Zenobia.   (Ecco il cimento.)
Tiridate. Sei tu? Son io? Cosí mi accogli? È questo,
principessa adorata, il dolce istante
che tanto sospirai? Sol di due lune
il brevissimo giro
a cangiarti bastò? Che freddo è quello?
che composto sembiante? Ah! chi le usate
tenerezze m’invola?
È sdegno? è infedeltá? No, di sí nera
taccia non sei capace: io so per prova
il tuo bel cor qual sia;
conosco, anima mia...
Zenobia. Signor, giá che m’astringi
teco a restar questi momenti, almeno
non si spendano invan.
Tiridate.   Dunque ti spiace...
Zenobia. Sí, mi spiace esser teco. Odimi, e dammi
prove di tua virtú.
Tiridate.   (Tremo!)
Zenobia.   I legami
de’ reali imenei per man del fato
si compongono in ciel. Da’ voti nostri
non dipende la scelta. Io, se le stelle