Pagina:Metastasio-Passione-(1736).djvu/11

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Qual divenne il mio cor, quando, inviato
Sul Calvario a morire, io lo mirai
Gemer sotto l’incarco
Del grave tronco, e per lo sparso sangue,
Quasi tremula canna
Vacillare, e cader! corsi, gridai:
Ma da’ fieri Custodi
Respinto indietro, al mio Signor caduto
Apprestar non potei picciolo ajuto.
Torbido mar, che freme,
Alle querele, a i voti
Del Passeggier, che teme
Sordo così non è:
Fiera così spietata
Non han le Selve Ircane,
Gerusalemme ingrata,
Che rassomigli a te.                              Torbido, ec.
Piet.O barbari! o crudeli!
Madd.                                        Ah, Pietro, è poco
A paragon del resto
Quanto ascoltasti.
Gio:                                        Oh se veduto avessi
Come vid’io, sul doloroso monte
Del mio Signor lo scempio! altri gli svelle
Le congiunte alle Piaghe
Tenaci spoglie: altri lo preme, e spinge,
E sul tronco disteso
Lo riduce a cader: questi s’affretta
Nel porlo in Croce, e gl’incurvati Chiodi
Va cangiando talor: quegli le membra
Traendo a forza al lungo tronco adatta,
Chi stromenti ministra,
Chi s’affolla a mirarlo, e chi sudando
Prono nell’opra infellonito, e stolto
Dell’infame sudor gli bagna il volto.
Come a vista di pene sì fiere
Non v’armaste di fulmini, o sfere,
In difesa del vostro Fattor!
Ah, v’intendo, la mente infinita
La grand’opra non volle impedita,
Che dell’Uomo compensa l’error.                Come, ec.


A 3 Piet. E