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Gius.Qual terribil vendetta
Sovrasta a te, Gerusalamme infida!
Il Divino presagio
Fallir non può. Già di veder mi sembra
Le tue mura distrutte, a terra sparsi
Gli archi, le torri: incenerito il Tempio,
Dispersi i Sacerdoti, in lacci avvolte
Le Vergini, le Spose: il sangue, il pianto
Inondar le tue strade: il ferro, il foco
Assorbire in un giorno
De’ secoli il sudor: farà la tema
Gli amici abbandonar: farà l’orrore
Bramar la morte, e l’ostinata fame,
Persuadendo inusitati eccessi,
Farà cibo alle Madri i figli stessi.
All’idea de’ tuoi perigli,
All’orror de’ mali immensi
Io mi agghiaccio, e tu non pensi
Le tue colpe a detestar.
Ma te stessa alla ruina,
Forsennata, incalzi, e premi,
E quel fulmine non temi,
Che vedesti lampeggiar.                          All’idea, ec.
Piet.Le minacce non teme
Il Popolo infedel, perchè di Dio
L’unigenita prole
Non conosce in Gesù. Stupido! eppure
In Betania l’intese
Dalla gelida tomba
Lazzaro richiamar. Vide a un suo cenno
Sulle Mense di Cana
Il cangiato liquor. Con picciol’esca
Vide saziar la numerosa fame
Delle Turbe digiune. Ah, di lui parli
Di Tiberiade il Mare
Stabile a i passi suoi. Parli di lui,
Chi libera agli accenti
Sciolse per lui la lingua
Non usa a favellar: chi aprì le ciglia
Inesperte alla luce. E se non basta
La serie de’ portenti


A con-