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e che oggigiorno chiamano Canea. Certo è che se non è indigeno dell’Europa, il Codogno vi si è naturalizzato da tempo immemorabile. I Greci l’aveano selvatico nei loro boschi. In Italia era comune ai tempi di Virgilio. (Egl. II. v. 51 ).

Ipse ego cana legam tenera lanugine mala.

L’Allioni lo dice spontaneo in Piemonte nelle siepi delle Provincie del Mondovì, d’Asti e della Liguria. Il Moris lo vide nelle siepi della Sardegna, e va anche più in giù, a settentrione; sulle rive sassose del Danubio esso vegeta a meraviglia, e vi è anzi chi dice che venga di là. Plinio, conforme il solito, ce ne scrive delle belle su questo pomo. I Romani, così egli, collocavano cotogne sulle teste delle statue degli Dei tutelari del letto nuziale, e le presentavano alle sposine novelle le quali, mangiandone, assicuravano allo sposo una perpetua luna di miele. Se le cose stan per cosi, è questo un costume degno di rifiorire ai dì nostri nei quali le più lunghe lune di miele son quelle di Febbraio et quidem non biseste. Fra naturalisti c’è questione se i famosi pomi delle Esperidi fossero Arance, Cedrati o Cotogne. Scegliete. È medicinale; fu riputato già un contravveleno, ma non regge più quell’opinione. È un frutto tardivo, non mangereccio che quando è cotto e ridotto in poltiglia, d’onde se ne spreme una gelatina che pare una bella polenta di rubino. Ridotto in conserva, io e voi ne mangeremmo quanta ne può manipolare il Biffi di Milano e il Rovinazzi da Guiglia che si fè Petroniano e ricco e credo che cavaliere a forza di pasta Margarita e di cotognata. Col cotogno si fa il Sidro, il Ratafià e si edulcano le bevande che si amministrano contro le diarree croniche. Se voleste altre varietà di Cidonii, vi darò la Cinensis, la Laponica, la Speciosa, la Lagenaria. La penultima fu introdotta in Europa fin dal 1796 e trovasi coltivata nei giardini di delizia e merita di esserlo per la vivacità del colorito, la precocità e durata de’ suoi fiori.

2.

. . . . . . . . . . . et dictamni nobile gramen, (pag. 10)

Ecco la Menta, l’erba tanto odorosa e cara alle vergini ed ai fanciulli. È evidente che il Dittamo accennato qui dal Pico è il