Pagina:Misteri di polizia - Niceforo, 1890.djvu/170

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ghi era pedagogo. Istituitasi una processura economica, furono uditi il Di Raddusa e il Di San Giuliano; ma questi negarono recisamente che il Borghi fosse autore di quella oscena satira e che ne avesse scritto il principio ai Bagni di Lucca (ove, peraltro, non s’era fermato verso quel tempo che un par d’ore) e ne avesse loro letto qualche passaggio. Più fruttuose parve che riuscissero altre indagini praticate nella società che frequentava la casa del duca don Salvatore Sforza-Cesarini; — una società di scapestrati, di don Giovanni, di cacciatori di donne; e parve che l’autore si rinvenisse in un certo Cortini, romano, il quale, benchè negasse ostinatamente la paternità del libello, fu sfrattato dal Granducato.

Fu in tale circostanza che corse per Firenze il seguente epigramma:

„Quando chiamò un satirico civettone
     Le dame di Firenze buggerone,
     Tutte chieder volean soddisfazione;
     Ma poichè un serio fecero
     Esame di coscienza,
     Dissero che il Vate
     Usato avea prudenza.„

Qualche anno innanzi aveva suscitato a Firenze gran rumore una satira intitolata: Elenco delle galanti signore fiorentine, coi soprannomi loro assegnati dai Settari del Burinca. Benchè qua e là rasentasse il libello, pure la satira era tanto lisinghiera per la maggior parte delle dame che vi erano nominate, ch’essa non sollevò nè sdegno, nè processure. La Polizia, in un rapporto dell’Ispettore del 31 agosto 1822, ne attribuiva la paternità a Guglielmo, figlio unico del noto zoppo Libri; nientemeno che al futuro professore e scienziato Guglielmo Libri!

Diamo per intero la satira, sopprimendo qualche nome di signora per rispetto di coloro che oggi, nella Società a-