Pagina:Misteri di polizia - Niceforo, 1890.djvu/271

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rappresentanti di due famiglie marchionali della capitale e legate per ragioni d’ufficio alla Corte, contasse per qualche cosa, se non altro come l’opposizione di Sua Maestà nei reggimenti costituzionali. Già il Capponi e il Ridolfi, nel carnevale del 1833, s’erano riconciliati colla Corte, dalla quale da qualche tempo si tenevano discosti; e la riconciliazione era avvenuta sul terreno della contraddanza, come ai tempi di Luigi XV, quando ai balli della marchesa Pompadour o della contessa Dubarry si conchiudeva un trattato d’alleanza, si decretava l’esilio di un Parlamento ribelle.

Lo stesso G. B. Niccolini, che nelle sue tragedie tuonava contro i tiranni, non destò mai i sospetti della Polizia. Lo si considerava, come abbiamo detto, un rivoluzionario d’accademia, e, come pensava il padre Bernardini, se nei suoi endecasillabi si parlava di un’Italia schiava, ciò non doveva attribuirsi che ad un uso invalso negli uomini di lettere di considerare la loro Patria decaduta dall’antica gloria. Nè per le tragedie Filippo Strozzi e Ludovico il Moro, nè per quella famosa d’Arnaldo da Brescia stampata all’estero, il Niccolini ebbe a ricevere persecuzioni dal Governo. Nè, al solito, gl’incitamenti dal basso a quest’ultimo mancavano. L’Ispettore di Polizia, il 26 ottobre 1833, scriveva al Bologna: „Circola una tragedia del sig. G. B. Niccolini sotto il titolo di Ludovico il Moro, duca di Milano, stampata a Capolago, cantone Ticino, nel 1833. Si riguarda questa tragedia come un’allegoria che l’autore ha inteso di presentare al pubblico, personificando nello Sforza S. M. il Re di Torino (sic), facendolo risaltare in diverse scene del solo Moro e con evidente allusione ai tempi correnti, nella seconda scena del secondo atto fra il Moro e il Belgioioso. Parlandosi di queste allusioni, si scende poi a dire, che la più accreditata presunzione fa credere che la rivoluzione (aggiornata adesso a stagione nuova) dovrà scoppiare negli Stati del Piemonte e serpeggiare ecc. ecc.„ Nello stesso anno, l’autore dell’Antonio Foscarini era denunziato al Buon Governo perchè una sera, in casa della sua amica Certellini, lamentandosi la mancanza di forestie-