Pagina:Misteri di polizia - Niceforo, 1890.djvu/327

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nell’animo del Granduca facevano sempre capolino, e quando essi, per un istante cedevano, era una gioia pei suoi consiglieri. Il 4 gennaio 1846, il Bologna scriveva confidenzialmente al Paüer: „S. A. I. e R. mi sembrava stamattina molto penetrata della convenienza della consegna.„ Ma, ritornati i dubbî, la gioia di quei tristi spariva. Allora si pensò di deferire il caso alla Consulta di Grazia e Giustizia, e quei malvagi consiglieri non mancarono di adoperarsi a tutt’uomo perchè il parere del Supremo magistrato non fosse l’espressione sincera della sua coscienza. Si seppe, difatti, che un membro della Consulta (designato in un biglietto confidenziale del Bologna al Paüer colle iniziali P. B.) era contrario alla consegna1; e da uno degli altri si tentò e si ottenne che cambiasse, dalla sera alla mattina, parere. E quando il collegio, due contro uno, opinò che il Renzi si potesse consegnare, ai consiglieri del principe parve toccare il cielo col dito perchè mancava la unanimità per rendere solenne il verdetto. Ma la gioia di quegli sciagurati non fu divisa, non diremo dalla popolazione, ma nemmeno dagli stessi funzionari del Governo. Questi capivano che colla consegna del Renzi si troncavano le tradizioni di ospitalità e di mitezza che avevano fatto della Toscana un paese da tutti invidiato. Ma siffatti rimpianti segretamente fatti non mutarono d’una linea la condotta dei ministri; e il 24 gennaio, tratto il Renzi dalle carceri, sotto buona scorta, fu inviato alla frontiera. Il 26 il Commissario Regio di Firenze, il Tassinari, scriveva riservatamente al Bologna: „È certo che la generalità, per non dir tutti quelli in ispecie che sono affatto estranei al doloroso affare di che si tratta, avrebbero desiderato che non fosse stata fatta la consegna.... A molti però è di conforto (Se n’era fatta sparger la voce per mitigare l’impressione prodotta della misura adottata dai ministri) che il Governo

  1. Dalla Storia dello Zobi (Lib. XI, Cap. VI) si sa che il Presidente Bartalini (a cui si riferiscono le iniziali del biglietto del Bologna) e il consultore Giannini furono contrarî alla consegna; fu favorevole il solo consultore Cosimo Buonarroti che macchiò così il nome grandissimo che portava.