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Pagina:Monete dei romani pontefici avanti il mille.djvu/57

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facilità di essere stati consumati dall’ossido, visto quanto siano rari gli intieri doppi di grossezza, epperciò meno facili ad essere corrosi.

Dopo aver parlato dei denari che conosciamo effettivi di Leone e Carlo Magno, dobbiamo ancora riportarne un altro pure di questo papa datoci già dal Garampi1, sulla cui autenticità non può esser dubbio, che oltre il citare i musei d’onde trasse i pezzi che pubblicò, è abbastanza noto per la sua probità ed intelligenza.

Questo denaro (Tav. II, N.° 2) ha da una parte una figura in piedi, senza che si conosca se avesse corona in capo per essere in quella parte lisciò il pezzo, e tenente colla destra la spada e colla sinistra un oggetto che pare una lancia con fiamma, od un vessillo con attorno un giro di perle, e dall’altra SCS PETRVS con in mezzo un monogramma che il Garampi lesse IOPA, ciòè Johannes Papa. Però l’intagliatore del conio nella lettera P del monogramma lasciò la parte inferiore della curva alquanto aperta, aggiungendovi un tratto sporgente obbliquamente senza discernere cosa potesse essere.

Quando volle cercare che significasse tal figura, sospettò il nostro autore che appartenesse a Carlo Magno, avendo veduto nel Le Blanc2 un consimile pezzo, nel quale però questi aveva letto CAROL, lasciando dopo un vuoto per indicare che il seguito della leggenda mancava per essere guasto il pezzo, e nel monogramma chiaramente vide ROMA.

Il Vignoli3 che lo ripubblicò sulla di lui fede, compì di suo capriccio questa leggenda così: CAROLO R LEO PP, cioè Carolo Regi Leo Papa, le quali parole quantunque il Muratori riproducesse4, tuttavia gli parvero impossibili, e credette si dovesse leggere CAROLVS IMP AVG, ma quando fosse stato così senza il nome del papa, avrebbe tal pezzo appartenuto alla classe delle medaglie, come è effettivamente quella dallo stesso Le Blanc rappresentata sul frontispizio della detta sua dissertazione.

Si noti che quest’autore non conosceva i monogrammi papali, come egli stesso varie volte confessa, e prova della sua poca intelligenza in tal parte è che nemmeno seppe leggere i nomi de’ papi Gregorio IV e Benedetto III scritti con lettere distinte, onde si deve andar molto guardinghi nell’accettare per buone le leggende che ci dà di queste monete, vedendo inoltre che a caso classifica senza alcuna descrizione e quasi

  1. De nummo argenteo Benedicti III. Romae, 1749, pag. 157
  2. Dissertation historique etc., pag. 21.
  3. Antiquiores pontificum romanorum denarii. Romae, 1734, pag. 19.
  4. Antiquitates Italicae medii aevi. T. II. Dissertatio XXVII. Romani Pontifices N° iv.