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della lingua italiana 65

medietatem fica sicche. (Docum., Lucch., Suppl. al tom. IV, pag. 23.)

A. 846. Finchè Ambrogio vescovo di Lucca conserverà badessa di S. Pietro Ildicunda, e la lascerà padrona di tutti i beni del monastero, un tal Ghisolfo, probabilmente parente di lei, si obbliga a reddere per singulos annos al vescovo uno vestito caprino testo in sirico, et uno tappite. (Ibid., pag. 40.)

A. 850. Per longu passi sidici et gubita trea et pede unu. (Carta nocerina, nel Cod. Dipl. Cav., tom. I, pag. 40.)

A. 857. In locu nominato casamavile. (Ibid., pag. 63.) — Ut dare in cambio.... ipsa terra sua, qui dicitur ad casa amabele. (Pag. 65.)

Frequenti son pure i soprannomi volgari. In una carta modenese dell’anno 918, incontriamo un Lampertus, qui supernominatur Cavinsacco (capo-in-sacco). In una lucchese, del 941, facciamo conoscenza, poco gradita in verità, con Johannes clericus, qui Rabia vocatur; e, nel 905, re Berengario donava a un monastero i beni di un altro Giovanni, qui alio nomine Bracca curta [braca-corta] vocitabatur. (Muratori, Diss. cit., 491.)

In un documento lucchese del 980 (Suppl. al tom. IV, pag. 101-2), sono espressamente nominate in volgare una quarantina di ville, come Valiano, Ferugnano, Monte alto, Perglone, Valle, Aliga, Appiano, Casale Lapidi, Vivaja, Marciano, Collecarelli, Carbona in Cercino, ecc. Ma quasi non ce n’è più bisogno; perchè in una carta originale dell’archivio di Montecassino, scritta nel

5. — Morandi, Origine della Lingua italiana