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avvertiva il Muratori (Diss. cit., 512), deve avere parecchie inesattezze di trascrizione. Comunque sia, eccone qui uno de’ passi più ricchi di forme prettamente volgari:..... et cala allo vallone de donna Leo, et lo vallone Apendino ferit a la via che vene ad Santo Jorio, et volta supra l’ara de li maracini [Maracini?].....

Dell’anno 1193 abbiamo una carta, scritta nel territorio di Fermo, e nella quale, tra l’altre, s’incontrano queste locuzioni: unu mese poinon volese redere li denarise questo avere se [si] perdessefose palese per la terrake la mitade se ne fose ad resicu de Johanni de tuctu.1

Ognun vede però, che questi documenti appartengono tutti alla storia della lingua, e non alla letteratura propriamente detta. Ma nel sec. XII ne abbiamo anche tre altri, che possono considerarsi come letterari.

Il primo è la notissima iscrizione del Duomo di Ferrara, che nella sua forma più antica diceva così:

Li mile cento trenta cenqe nato,
Fo questo templo a S. Gogio donato
Da Glelmo ciptadin per so amore,
E mea fo l’opra Nicolao Scolptore.

I dubbi sollevati sull’autenticità di questo documento furono strenuamente combattuti dal-

  1. Guido Levi, Una carta volgare picena del sec. XII (Giornale di Filologia romanza, luglio 1878).