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rale che là si principiasse a scrivere i nuovi idiomi prima che qui da noi, dove il latino pesava come una cappa di piombo sui disprezzati volgari. I quali poi, dopo il mille, cominciarono a trovarsi addosso anche il provenzale e il francese, che a poco a poco invasero con due nuove e attraenti letterature l’Italia.

Sicchè la patria nostra, ne’ secoli XII, XIII e parte del XIV, presenta un fenomeno letterario, unico, io credo, nella storia. Il più de’ dotti scrivono il latino; altri scrivono il provenzale; altri il francese; altri, i loro particolari idiomi nativi; altri sono in grado di scrivere due, tre, quattro di queste lingue; altri infine ne fanno un miscuglio, che non si sa bene cosa sia; e il popolo nostro, specialmente quello della media e dell’alta Italia, le capisce tutte, salvo in parte il latino; e s’affolla su per le piazze a sentire i canti dei trovieri e dei giullari, finchè, come accadde nel 1288 a Bologna, un decreto del Senato non prescriva che i Cantatores Franciginorum in plateis Communis ad cantandum.... omnino moravi non possint nec debeant, sotto pena, nientemeno, della fustigazione in pubblico, e altre maggiori per i recidivi.1

  1. Ghirardacci, Historia di Bologna; parte prima (Bologna, 1593); pag. 279.