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felice Volfango Goethe spirò dopo avere pronunciata la idealissima frase “Più luce, più luce„, mentre quel perpetuo infelice che fu Giacomo Leopardi esclamò di non vederci più, e lo sciagurato Guy de Maupassant, già da tempo ossessionato dalla tanatofobia, si spense sul suo giaciglio manicomiale col triste grido: “Oh! le tenebre, oh le tenebre!„.
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Ma supponiamo pure che agli agonizzanti si dovesse applicare la eutanasia; siccome si tratterà sempre delle agonie più penose e perciò più lunghe, trascinantisi per ore e per giorni, sorge il quesito pratico del momento in cui il medico potrà predire con sicurezza la morte del paziente. L’“uomo di scienza„ in certi casi si trova qui quasi altrettanto povero del profano; la Biologia non possiede dati e criterî assoluti per affermare la imminenza dell’estremo sonno. Non potremmo ingannarci sulla agonia, anzi, ciò che è ben più terribile, sul reale significato terminale di quegli spasmi e di quei rantoli? Su quali nozioni positive predire a termine fisso la cessazione di una vita? Confessiamo francamente che spesso ci sbagliamo: il più consumato professionista ora vide ritardare, ora vide con sua sorpresa affrettarsi la morte del suo ammalato; che più? in qualche caso la morte stessa, seb-