Pagina:Muehlon - Dal diario d'un tedesco, Milano, 1918.djvu/11

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Insomma la Germania era lacerata da dubbi, da un miscuglio di opinioni diverse, diffidente verso i suoi propri predicatori, pessimista sul corso ufficiale della nave dello Stato. Si vedeva condotta da un gruppo di burocratici prussiani protestanti, di militari, agrari, industriali, verso un’era di pretesa grandezza e splendore, ma non vedeva alcun miglioramento. Chi era d’opinione contraria doveva tacere. Ogni opposizione era condannata a priori anche in società, solo le tasse costantemente crescenti erano gravose per tutti. Nessuna meraviglia che il popolo tedesco volesse vedersi messo alla prova, che si sentisse liberato da un incubo, quando vide che finalmente qualcosa avveniva, quando pensò che si sarebbe visto a che punto si era. Quasi può dirsi, che il pensiero dell’esito passò in seconda linea di fronte al sentimento più forte che così non si poteva più continuare, che si doveva venire in chiaro, che il carico doveva essere gettato. Se va male, si pensava, ci orienteremo di nuovo, più modestamente, più semplicemente, più simpaticamente, meglio. Se va bene, noi, il popolo, che ne abbiamo il merito, potremo esigere di condurre una vita più degna d’essere vissuta e di riconciliarci cogli attuali nemici, dopochè questi nemici, che ci circondano e che ci hanno misconosciuti, saranno vinti.

Quanto grande era la parte che avevano questi sentimenti, se non queste coscienti riflessioni, nei più larghi circoli popolari, si può comprendere, a mio avviso, da ciò, che anche la stampa di sinistra (come il Berliner Tageblatt) accentuò subito la gravità della situazione e le sue conseguenze quasi senza alcuna critica. Il governo doveva agire, giustificarsi, non doveva poter dire di essere stato ostacolato. Questo contegno tenne la stampa stessa che prima usava criticare più aspramente la politica e gli atti del Governo. La stampa di destra era naturalmente col Governo, non aveva un contegno proprio ed era in fondo molto più inquieta, perchè non capiva quanto era forte, persino nei circoli più bassi, il sentimento della impossibilità di mantenere lo stato attuale sì all’estero che all’interno. Giornali indipendenti, come la Rheinisch-Westphalische Zeitung, cercavano bensì da principio di sostenere, che la Serbia non era un motivo di guerra per noi, che non dovevamo associarci senz’altro alla politica austro-ungarica. Questa idea era suggerita dalla sincera preoccupazione che il Governo