Pagina:Neera - Addio, Firenze, Paggi, 1897.djvu/118

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104 addio!


Ma basta — comunque sia, bevetti fino alla feccia l’amaro calice e n’esulto.

Il mio cuore ritemprato e mondo può gittare uno sguardo sicuro nell’avvenire.


Quindici miglia separano la nostra villa dalla stazione ferroviaria. Avendo telegrafato ai domestici, il cocchiere ci venne incontro colla carrozza.

— Questi non sono i miei cavalli! — esclamò il colonnello appena vide i due puledri, dai vivacissimi occhi, che mordevano il freno e che il cocchiere teneva fermi a stento.

— I cavalli del signor conte sono un po’ indisposti, il signor barone ha creduto bene di darmi i suoi.

Questo barone era un vicino di campagna, già amico di mio padre e guardiano del castello quando noi eravamo lontani.

Non si pensò ad altro. La giornata era senza sole, ma mite l’aria e c’era tutto intorno qualche cosa che annunciava la primavera.

Facemmo scoprire la carrozza per goder