Pagina:Neera - Addio, Firenze, Paggi, 1897.djvu/40

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26 addio!


Io, io stessa lo diceva — sono un’infame!

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Or ripiglia la tua croce e cammina!


La visita del marchese mi gettò in un turbamento inesprimibile — nuovo affatto per me. Ero stata così poco giovine fino allora!

I begli anni che si sogliono consacrare all’ideale, io li aveva trascorsi in un positivismo ascetico e selvaggio; aveva imparato a odiare la debolezza senza conoscerla, e persuasa nel mio orgoglio che non l’avrei conosciuta mai.

Che sapevo io dell’amore? I miei sensi dormivano quando feci la scelta d’uno sposo — la mia profonda ignoranza in proposito potè farmi scambiare per amore l’abitudine di un’affettuosa amicizia.

Le occupazioni serie, il lavoro, la regolarità di una vita attiva allontanano dalla mente le fantasie erotiche, — ma non è men vero che la parte materiale del nostro essere compia in segreto il suo svolgimento.

Resistetti sulle prime, mi ribellai contro