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chiusi. L’Orsola, sofferente di reumi, mi ammoniva talvolta ma io non avevo più una fede cieca nella sua sapienza e correvo alla voce della primavera che mi chiamava all’aperto.

Alessio era felice al pari di me. Ruzzolandosi nella sabbia formava una cosa sola col palpito della terra, colle piccole vite dei bruchi e dei moscerini, coll’erba che cresceva, col gattino suo compagno di corse e di capitomboli, e sostando finalmente nella breve ombra dei rosai intuonava la sua canzone “M’alzo col sole„ alla quale mi univo io pure con una voce trillante che faceva dire all’Orsola: Badi, si piglierà una raucedine.

Mio cugino mi sorprese un mattino della seconda metà di aprile inginocchiata nel mezzo di una aiuola, con un grembiale bianco, le mani coperte di vecchi guanti, intenta a spogliare i rosai dai bruchi che minacciavano di devastarli. Diventai molto rossa quando lo vidi e sorgendo lesta in piedi volli