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Una giovinezza del secolo XIX 31

stava tanto bene intorno alla sua faccia rosea; la vedo china sul mio letto ad aspettare il mio risveglio; la vedo, meglio ancora, quando seduta d’innanzi alla pettiniera si toglieva la cuffietta e l’onda magnifica della sua chioma corvina scendeva fino a terra. Era l’ultima dei sei figli della mia nonna e la meno avvenente delle tre sorelle; la palma della bellezza spettava a mia madre, ma una serenità dolce ed eguale era, insieme ai capelli, la bellezza sua e sempre, ripensando a lei, mi appare come l’angelo tutelare della mia infanzia.

Anche la nonna mi voleva molto bene, mi viziava un po’. È vero che un nonnulla bastava a farmi contenta: un pizzico di semi di popone, (i poponi specialità di Caravaggio trionfavano alla mensa dei miei nonni dove se ne tagliavano fin tre o quattro prima di trovarne uno degno di essere gustato) un nastrino dai bei colori, qualche cencetto per vestire la bambola; ma il maggior piacere era quello di ammettermi nelle sue stanze private. Non ricordo di aver visto in altre famiglie tante guardarobe quante ne aveva la mia nonna. Quelle casette di legno tutte chiuse eccitavano la mia curiosità; ce n’era un po’ dappertutto; mi tentavano tuttavia maggiormente quelle che si trovavano sotto la sua diretta sorveglianza, riunite in uno stanzone