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Una giovinezza del secolo XIX 43

filando; mi sorrideva, chiamava le sue cognate perchè mi venissero a vedermi, per tal modo erano in tre a farmi festa, tre paia d’occhi benevoli che mi scrutavano da cima a fondo, approvando con un luccicore umido nelle pupille che era tutto una tenerezza. Poi la mia balia apriva la sua rozza credenza, mostrandomi in fondo a una scodella alcuni gamberi in salamoia, che aveva serbato a bella posta per me; da parte mia, quando l’avevo, le davo una mezza muta d’argento, che la faceva contenta ed io più di lei.

Qualche volta, di rado, la nonna mi incaricava di portare un cestello di frutta alle sorelle del nonno, due vecchie zitelle che vivevano sole; una minutina, magra, svelta, la zia Caterina, si incaricava di tutte le loro faccenduole in casa e fuori; l’altra, la zia Lucia, un donnone, corpulenta e grassa, passava le giornate in un salottino semibuio, sdraiata sopra un piccolo divano giallo, che scompariva sotto la grossa persona. Si diceva che da giovane fosse stata molto bella e consapevole di questo suo pregio rifiutasse tutti i pretendenti, commentando che non si sarebbe mai sposata se lo sposo non veniva a prenderla con un tiro a quattro. Forse questa frase era una malignità dei respinti; comunque il tiro a quattro non giunse