Pagina:Nepote - Vite degli eccellenti comandanti, Sonzogno, Milano.djvu/104

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rxv. r. i>ompon!o attioo log .nano oiò ohe di sopra accennai, che il pili delle volle «nutrii costumi fabbricano a ciascuno la sua fortuna ni! inferamente, contento egli dell’ordine equestre In cui a nato, pervenne ad esser affine dell’imperatore figliuolo jì Divo Giulio, avendone già prima acquistata la fami- iarltà non per altro mezzo che colla sua decorosa malóra di vivere, con la quale s'avea pur conciliati gli altri rincipali della città, dì grado a quello uguali, ma di fortuna inferiore; giacché fu Cesare da cotanta prospetta accompagnato che tutto a lui contribuì la fortuna ciò ^he avesse mai per l’addietro e ciò che potesse mai con - secuire verun cittadino romano. Ebbe poi Attico una ni- note natagli da Agrippa, al quale avea data in isposa una sua figliuola zitella. Questa, d’un anno appena. Cesare la promise a Tiberio Claudio Nerone, nato di Dru- gilla. suo figliastro ; la qual parentela fu suggello alla loro amicizia, e rendè più frequente la loro dimestichezza. XX. Quantunque già prima di questi sponsali Augusto, non solo quand era fuor di Roma non mandò mai lettera a veruno de’ suoi che non iscrivesse parimente ad Attico per intendere che cosa ei facesse e specialmente ohe cosa leggesse, e in che luogo si trovasse e quanto tempo fòsse per trattenervisi ma anche qualora era in Homa e le sue infinite occupazioni non gli permettevano di godere tanto sovente, quanto avrebbe desiderato della compagnia d’Attico, non lasciò per inconsideratezza passar giorno che non gli scrivesse, ora ricercando da lui alcuna cosa intorno all’antichità, ora proponendogli alcun dubbio in materia di poesia, talvolta scherzando, per averne in risposta lettere più diffuse. E questo fece si che allorquando il tempio ai Giove Feretno, fabbricato da Romolo in Campidoglio, per l’antichità e per trascu- raggine scoperto, minacciava rovina, per suggerimento di Attico, Cesare lo fe’ ristorare. Nè in assenza era meno onorato con lettere da M. Antonio; di modo che questi da’ più rimoti paesi diligentemente ragguagliava Attioo di tutto quel che faceva e di tutto quel che pensava. La qual cosa di quanto rilievo sia, più agevolmente il riconoscerà colui che potrà giudicare quanta prudenza si ri chiegga per conservarsi la pratica e la benevolenza di eoloro, tra’quali era non solo emulazione di cose grandissime, ma tanta gelosia, quanta dovea necessariamente essere tra Cesare ed Antonio, mentre e l’un e l’altro aspirava al principato, non pur della città di Roma, ma ili tutta la terra. XXI. In questa guisa avendo compiti settantasette anni ed essendo sino all’estrema vecchiezza sempre cresciuto non meno di merito che di favore e di fortuna (imper- «iooehè aveva avuto molte eredità non per altro motivo,