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lo spettatore attore 73


interamente e propriamente dal mondo incivilito a lui dintorno, e in soddisfatta contemplazione credere e sentire coreuta sé stesso. Con questa idea possiamo chiamare il coro, nel primitivo grado della tragedia originaria, lo specchio dell’uomo dionisiaco; fenomeno che si rende chiarissimo, quando si segua il processo intimo dell’attore, il quale, se ha vere doti di artista, vede presentarglisi palpabile davanti agli occhi la figura del personaggio che interpetra. Il coro dei satiri è inizialmente una visione della moltitudine dionisiaca, come a sua volta il mondo della scena è una visione di cotesto stesso coro: la potenza di tale visione è abbastanza gagliarda per rendere inaccessibile e insensibile lo sguardo all’impressione della realtà, all’impressione dei semicerchi di uomini inciviliti seduti intorno sui loro sedili. La forma del teatro greco arieggia una valle solitaria aperta in un anfiteatro di montagne; l’architettura della scena rassomiglia a un’immagine di nubi lucenti, che le baccanti folleggianti sui monti contemplano di sulle cime, come la cornice magnifica in mezzo alla quale si rivela ai loro sguardi la vita di DionisoFonte/commento: Pagina:Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu/266.

Codesto fenomeno artistico primitivo, che qui abbiamo rievocato allo scopo di spiegare il coro tragico, ripugna quasi con la nostra concezione dottrinale degli elementari processi artistici; laddove nulla di perfetto è possibile, se non quando il poeta è poeta solo per questo, che egli si veda circondato da figure che vivono e operano davanti ai suoi occhi, e di cui discerne