Pagina:Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu/41

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prefazione del traduttore xlv


«l’ascoltatore veramente estetico». L’ho già detto implicitamente: lo riassumo in due parole esplicite. Chi, assistendo a una esecuzione musicale, si abbandona sull’ali dell’immaginazione a una sequela di sogni e fantasie, di visioni vaghe e seducenti quanto si voglia, ma che perciò non hanno nulla di comune col puro godimento della musica, è un uomo che non ha l’anima musicale, il gusto innato della musica; è un uomo, nella cui immaginativa lo stimolo musicale provoca una specie di cinematografo interiore, al quale la stessa musica fa, per così dire, da accompagnamento. Il vero ascoltatore estetico è quello che rivive nel proprio intimo la pura intuizione musicale del musicista, calando visi tutto; quello, cioè, che ascoltando si dimentica completamente del proprio io empirico, diventa io musico universale. Né più né meno, dunque, come il vero intenditore di poesia, di scultura, di architettura diventa io poetico, scultorio, architettonico universale: in una parola che sussume tutto, io lirico. Di ciò il Nietzsche ha una idea approssimativa, per l’accennata riserva che fa sulla teoria dello Schopenhauer: riserva, la quale però, senza che egli se ne accorga, trasforma dal fondo la teoria del suo maestro e, senza che egli se lo proponga e lo voglia, riconduce necessariamente anche la musica in quel seno apollineo, vale a dire nel dominio della pura fantasia, della pura intuizione, in cui ha raccolto e composto le altre arti; tanto che unifica, senza rendersene conto, tutte le arti nel