Pagina:Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu/48

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lii prefazione del traduttore


irresistibile del fervore della vita precipitante alla morte, il disfrenamento selvaggio del satiro caprino ed ebbro che cova irriducibile in ogni carne d’uomo, il trascorrimento delle passioni e della loro cieca violenza, ebbene, tutto questo è, sì, il torrente della volontà che si scava l’alveo naturale nel campo dell’azione, ma non ha nulla a spartire né con la poesia né con la musica. Come la poesia, la musica sorge quando la passione è trascesa, quando l’io individuale è sparito affatto nell’io lirico universale. La tragedia è un’espressione artistica pura e semplice, costituita di un unico elemento, come le altre: l’arte è tutta di un pezzo, non ammette compositi, per quanto armonici o arieggianti armonia: la tragedia non nacque, se non quando Apollo ebbe inghiottito Dioniso.

E l’anticristo è inghiottito dal cristo. La concezione di questo giovine assetato di bellezza e di nobiltà ideale, invocante la risurrezione del mito dell’eroismo e del sacrifizio a elevazione della vita, a redenzione dalle umane miserie, si risolve in un libera nos a malo, per cui l’uomo, conscio dell’orrore e delle tenebre che fanno il fondo e l’essenza della realtà, abnega il proprio individuo, e il dolore e il male che come individuo gli sono ingeniti, nell’ebbrezza travolgente della Volontà universa; e, insiememente, afferma il proprio individuo fenomenico emancipandolo dal fenomeno, dall’«apparenza», nella liberazione di un’apparenza superiore, che è «apparenza dell’apparenza», visione pura, pura contemplazione,