Pagina:Nodier - Racconti Fantastici, 1890.djvu/17

Da Wikisource.

del fantastico in letteratura 17

non avevan mai vibrato all’orecchio degli uomini, sospese l’orchestra melodiosa d’Ariele ai rami commossi dell’arboscello. nascose il nido invisibile di Puck in un bottone di rosa e fece scaturire da ogni poro della terra, da ogni atomo dell’aria, da tutte le profondità del cielo un concerto di voci magiche. Gli innumerevoli colori della tavolozza e questa moltitudine di mobili simpatie, che la parola scuote fino al fondo dell’anima, tutto appartiene a Shakspeare. Quando il suo pennello ha finito di accarezzare le forme seducenti di un silfo, a lui solo è riservato di tracciare le proporzioni gigantesche e grossolane d’un gnomo sotto i tratti di Calibano, di trasvestire l’antico satiro sotto l’arredo burlesco di Falstaff, e di sospendere lo schizzo di Michelangelo al quadro delizioso del Correggio. Se Dante ed Ariosto non v’hanno ancora offerto tutte le condizioni essenziali dell’individualità d’un semidio, fermatevi a costui: incessu patuit.

Ciò che della nostra letteratura nazionale sanno tutti, risponde a esuberanza alle questioni che mi si potrebbero fare sui progressi che vi eran promessi coi poemi fantastici. Non è sul suolo accademico e classico della Francia di Luigi XIII e di Richelieu che questa letteratura, non vivente che d’immaginazione e di libertà, poteva acclimarsi con successo. Le splendide menzogne del genio vi sarebbero state male ricevute al pari della verità. Il regno del pensiero ivi apparteneva, colpa la Sorbona e Aristotile, ai seguaci di una stitica musa, che con privilegio reale, trascinava sul teatro della corte nel salone del palazzo Rambouillet gli orpelli dell’antichità trasvestita. Racine ispirato verso la vecchiaia dal genio del libri santi, ben osò, per eccezione, gettare in un racconto temerario la gran figura dello scettro di Gesabele; e Voltaire credette di aver gettato molto lontano l’audacia del capo con un’opposizione sociale che cercava la novità in tutto, quand’ebbe fatto urlare dei versi alessandrini attraverso un portavoce dall’ombra tragica di Nino. Noi avevamo avuto le nostre cronache e i nostri romanzi cavallereschi; ma questi rispettabili interpreti del medio evo parlavano un linguaggio perduto che nessuno era capace di comprendere e i cavalieri della Tavola Rotonda attesero lungo tempo per ottenere dall’Occhio di Bue qualche cosa dell’accoglienza alla quale li aveva assuefatti Carlomagno e che un galante introduttore avesse sostituito l’abito francese alla loro greve armatura di ferro e i talloni rossi ai loro rumorosi speroni. I personaggi così buffonescamente truccati dal signor di Tressan, assomigliano presso a poco al loro tipo eroico e ingenuo come la lanterna del clown nel Sogno d’una notte d’estate assomiglia alla luce della luna.