Pagina:Non più illusioni (Carpi).djvu/15

Da Wikisource.

15

popolo stesso, in cui a quando a quando svegliavasi la memoria dell’antica libertà e della sovrana autorità. Quelle parole del fondator della Chiesa: Il mio regno non è di questo mondo, penetravano a quei tempi per ogni luogo, e quest’esperienza avrebbe dovuto appresso sconsigliare altrui, dal voler allargare questo regno per altri modi che per quelli con cui fu costituito ed a cui doveva la vastità sua e il suo spledore. Il germe corruttore andò crescendo di mano in mano che questo regno cercò di maggioreggiare sopra il mondo come la natura sua richiedeva per pareggiarsi ad esso e partecipar della sua corruzione1

Ora che in Italia si resero quasi impossibili le guerre civili, ora che se dai nostri nemici si tentasse di ridestarne le fatali prove, le donne italiane ripeterebbero agli infausti eroi di tali nequizie, quello che la greca Elpinice diceva a Pericle quando ritornava trionfante da Samo — Gran che per aver vinto i fratelli anzichè i Fenici ed i Medi! — per rendere codesti nemici il ludibrio della nazione, bisogna far prestante opera per rendere anche impossibili le crociate politiche della Corte di Roma, che contengono il germe delle civili discordie.

L’Italia sia degli Italiani, come la Francia è dei Francesi e la Spagna degli Spagnuoli; risolto questo grande e giusto concetto in senso a noi favorevole, ogni altra questione vien meno, giacchè gl’Italiani — come si pratica da ogni altra nazione liberamente costituita — acconcieranno a loro talento

  1. Hurter, Vita d’Innocenzo III, vol. i, lib. vi.