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di Savoia, sin dal primo momento sarebbe divenuta popolare in Napoli, dopo una dimostrazione così solennemente e spontaneamente fatta nella prima Città del Regno, tentarono di stornarla, e vi riuscirono.

Si trovava Ispettore di P. S. a S. Carlo all’Arena Ferdinando Mele, e disgraziatamente lo persuasero a non far ritornare per Toledo Vittorio Emmanuele, adducendogli un pretesto qualunque. Ed infatti il Mele, non appena dal suo quartiere vide spuntare la carrozza reale, di ritorno dal campo, si fece innanzi con la sua fascia tricolore a tracollo, dicendo: Maestà, Toledo è ingombro di carri, e di veicoli, e n’è difficilissimo il transito. Allora il Re, ch’era intieramente all’oscuro di ogni cosa, gli domandò: e non vi sarebbe altra via? Si, rispose, eccola, e l’avviò per la Marinella.

I Mazziniani ottennero il loro intento, ed intanto si addebitò a scortesia di Vittorio Emmanuele, ciò che era stato un loro intrigo. Ad onor del vero debbo dire, che Ferdinando Mele si pentì grandemente e pianse con amare lagrime questo suo peccato, come ebbe a confessarmi egli stesso. Del resto non bisogna giudicarlo severamente, perchè in quel tempo mancava ancora un governo stabile, la Polizia non era ben organizzata, si dipendeva piuttosto da Comitati, detti del l’Ordine di Azione, e si trovava allora in Napoli lo stesso Mazzini. Non è quindi a meravigliarsi, se in mezzo a tanta esaltazione di animi in un senso od