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Nuova vita diede al paese la grand’opera del naviglio di Paderno, che pose in comunicazione il lago di Como con Milano. Nel 1777 l’arciduca Ferdinando, il conte Firmian governatore ed altri magnati s’imbarcarono a Brivio, per passar essi primi sul nuovo canale fino a Trezzo. Allora Brivio divenne centro di tale navigazione, e vi si collocarono molte famiglie di barcajuoli e paroni, cioè giude, che conducono le navi cariche da Lecco fino a Trezzo.

Nel triennio dopo il 1796, un grosso corpo di Francesi vi stanziò, ed essendo cessato il dominio veneto, si costruì un ponte di piatte che congiungesse le due rive. Al ritornare degli Austro-Russi nel 1799, i Francesi disertarono questo posto, senz’altro che affogare tutte le barche; ma erra il Botta nel dar colpa a Serrurier di avervi lasciato un ponte di piatte. Mentre si combatteva al ponte di Lecco, un corpo di Cosacchi delle bande di Wucassovich e Bagration, si presentò davanti al borgo, intimando, O barche, o cannoni. Di che sgomentati i terrazzani, e trovandosi nbbandonati da’ Francesi, rialzarono le barche e tragittarono i vincitori. Ne seguì il saccheggio, dopo il quale s’avviarono alla battaglia di Verderio (Vedi la novella seguente).

Dalle inondazioni cui la terra andava soggetta, ora la schermiscono le utilissime opere intrapese nell’Adda, mercè delle quali è agevolato il defluvio del lago di Como e la navigazione.

Il castello, come in tempi pacifici avviene, fu vôlto a’ servigi privati: camere, prigioni, manifatture; la fossa occupata da case ed orti; gli spalti da giardini. Ma nel 1846, volendosi allargar una piazza tra esso e il lago per uso del mercato, si stimò bene far la colmata colle pietre della fortezza medesima, togliendo così in gran parte il carattere pittoresco di questo borgo, e mascherandone la veduta con folte piante. Nella demolizione uscirono lapidi e rovine e frammenti curiosi, di cui qui non è luogo di ragionare.

Il patrio castello ispirava all’autore la seguente romanza nel 1834: