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Il Fiaccherajo.


Il «fiaccherajo» è un altro tipo fiorentino che abbiamo anche oggi; ma non è più il fiaccherajo di una volta. Una volta quel suo cappellaccio all’Ernani piegato e modellato artisticamente e portato in capo con la fierezza di un bandito spagnuolo, gli dava una cert’aria caratteristica, che ora non ha più.

Quando il Municipio, per motivi di decoro e d’igiene pubblica, decretò la soppressione dei cappelli a cencio, imponendo ai fiaccheraj l'uso del cappello a cilindro, come dicono i meccanici, o a tuba, come dicono i bandisti musicali, oppure a staio, come dicono i negozianti di grano, i fiaccheraj storsero un po’ la bocca, bofonchiarono qualche parola scorretta, bestemmie neanch’una: e finirono poi coll’ubbidire.

Ubbidirono sì; ma per vendicarsi del Municipio in un modo atroce, tirarono fuori una falange di cappelli a cilindro, decrepiti, corrosi, bacati, al terzo stadio di putrefazione. Fra quei cappelli, i più giovani avevano almeno quarant’anni (l’età par entrare in Senato), i meglio conservati non si reggevano più ritti, e i più neri erano rossi come peperoni.

Io rispetto le ordinanze municipali, ma non ho mai capito qual grazia e qual decoro abbia aggiunto il cappello cilindrico a questo tipo eminentemente popolare del fiaccherajo fiorentino.