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184 LE ODI DI PINDARO


dagli anni piú giovani, e il seno
gl’infiamma d’amor: ché odïosa
all’uom presso a morte è ricchezza
che spetti ad erede straniero,


Antistrofe

cosí pure, chi compie, o Agesídamo,
belle opere, e all’Ade giú scende
ignoto a le Muse, con vano travaglio concesse a sue pene
efimero gaudio. Te il flauto
soave e l’armonica lira
cospergon di grazia. Le Piéridi
per te nutron celebre gloria.


Epodo

Di lor zelo partecipe anch’io, la nobile gente di Locri
cantai, cospargendo di miele
la loro cittade, che albergo è di prodi.
L’amabile figlio d’Archèstrato lodai: ché lo vidi
con valida man trionfare
vicino all’altura
d’Olimpia in quel giorno.
Bello era d’aspetto:
ed era negli anni che già Ganimede
schermían, col favor della diva di Cipro, dal fato di morte.