Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/106

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libro quinto 91

Diè dell’Aurora la famosa prole,
Tra sè membrava, e che tai detti sciolse:245
Atride, il vecchio Nestore mio padre
Te di prudenza singolar lodava,
Sempre che in mezzo al ragionare alterno
Il tuo nome venia. Fa, se di tanto
Pregarti io posso, oggi a mio senno. Poco250
Me dilettan le lagrime tra i nappi.
Ma del mattin la figlia il nuovo giorno
Ricondurrà; nè mi fia grave allora
Pianger chiunque al suo destin soggiacque:
Chè solo un tale onore agl’infelici255
Defunti avanza, che altri il crin si tronchi,
E alle lagrime giuste allarghi il freno.
Anco a me tolse la rea Parca un frate,
Che l’ultimo non fu dell’oste Greca.
Tu il sai, che il conoscesti. Io nè vederlo260
Potei, nè a lui parlar: ma udii, che Antiloco
Su tutti si mostrò gli emuli suoi
Veloce al corso, e di sua man gagliardo.
     E Menelao dai capei biondi: Amico,
L’uom più assennato, e in più matura etade,265
Che non è questa tua, nè pensamenti
Diversi avria, nè detti; e ben si pare
Agli uni e agli altri da chi tu nascesti.