Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/116

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libro quarto 101

Per vie ne andavi perigliose e lunghe.
     Ma tu gli agguati, io replicai, m’insegna,495
Ond’io così improvviso a Proteo arrivi,
Ch’ei non mi sfugga delle mani. Un nume
Difficilmente da un mortal si doma.
     Questo avrai pur da me, la Dea riprese.
Come salito a mezzo cielo è il Sole,500
S’alza il vecchio divin dal cupo fondo,
E uscito dalla bruna onda, che il vento
Occidentale increspagli sul capo,
S’adagia entro i suoi cavi antri, e s’addorme.
E spesse a lui dormon le foche intorno,505
Deforme razza di Alosidna bella,
Già pria dell’onda uscite, e il grave odore
Lunge spiranti del profondo mare.
Io te là guiderò, te acconciamente
Collocherò, ratto che il dì s’inalbi:510
Ma di quanti compagni appo la nave
Ti sono, eleggi i tre, che tu più lodi.
Ecco le usanze del vegliardo, e l’arti:
Pria noverar le foche a cinque a cinque,
Visitandole tutte; indi nel mezzo515
Corcarsi anch’ei, quasi pastor tra il gregge.
Vistogli appena nelle ciglia il sonno,
Ricordatevi allor sol della forza,