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Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/34

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libro primo 19

Il cuor, cui doglia, qual non mai da donna
Provossi, invase, mentre aspetto indarno
Cotanti anni un eroe, che tutta empieo445
Del suo nome la Grecia, e ch’è il pensiero
De’ giorni miei, delle mie notti è il sogno.
     O madre mia, Telemaco rispose,
Lascia il dolce cantor, che c’innamora,
Là gir co’ versi, dove l’estro il porta.450
I guai, che canta, non li crea già il vate:
Giove li manda, ed a cui vuole, e quando.
Perchè Femio racconti i tristi casi
De’ Greci, biasmo meritar non parmi:
Chè quanto agli uditor giunge più nuova,455
Tanto più loro aggrada ogni canzone.
Udirlo adunque non ti gravi, e pensa,
Che del ritorno il dì Troja non tolse
Solo ad Ulisse: d’altri eroi non pochi
Fu sepolcro comune. Or tu risali460
Nelle tue stanze, ed ai lavori tuoi,
Spola, e conocchia, intendi; e alle fantesche
Commetti, o madre, travagliar di forza.
Il favellar tra gli uomini assembrati
Cura è dell’uomo, e in questi alberghi mia465
Più, che d’ogni altro; però ch’io qui reggo.
     Stupefatta rimase, e, del figliuolo