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Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/427

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46 odissea

Quei, di me con dolore in traccia mossi,
Nè credendo cercarne invan più oltre,420
Si rimbarcaro; e me gl’Iddj, che ascoso
Facilmente m’avean, d’un uom saputo
Guidâr benigni al pastoreccio albergo,
Poichè in vita il destin mi vuole ancora.
     E tal fu a lui la tua risposta, Euméo:425
O degli ospiti misero, tu l’alma
Mi commovesti addentro, i tuoi viaggi
Narrando, e i mali tuoi. Sol ciò non lodo,
Che d’Ulisse dicesti, e non tel credo.
Perchè, degno uom, qual sei, mentire indarno?430
So anch’io pur troppo, qual del suo ritorno
Speme nodrir si possa, e l’infinito,
Che gli portano i Numi, odio io conosco.
Quindi ei non cadde, combattendo, a Troja,
O degli amici in sen dopo la guerra.435
Sepolto avrianlo nobilmente i Greci,
E dalla tomba sua verria un rilampo
Di gloria al suo figliuol: ma inonorato
Le Arpie crudeli sel rapiro in vece.
Tale io ne provo duol, che appo la mandra440
Vivomi occulto, ed a città non vado,
Se non quando Penelope, comparso
Da qualche banda con novelle alcuno,