Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/539

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158 odissea

Fregio non fu men prezïoso il vezzo,
Che Re Pisandro, di Polittor figlio,370
Dalle mani d’un servo ebbe; e non meno
Belli d’ogni altro Achéo parvero i doni.
La divina Penelope seguita
Dall’ancelle co’ doni alle superne
Stanze montava; e i Proci al ballo, e al canto,375
Finchè, a romper nel mezzo i lor diletti,
L’ombra notturna sovra lor cadesse.
     Caduta sovra lor l’ombra notturna,
Tre gran bracieri saettanti luce,
Cui legne secche, e dure, e fêsse appena,380
Nodriano, i servi collocâr nel mezzo;
E allumâr qua e là più faci ancora.
Cura di questi fuochi aveano alterna
Le donne del palagio. A queste feo
Tai detti il ricco di consigli Ulisse:385
Schiave d’Ulisse, del Re vostro assente
Per sì lunga stagion, la veneranda
Regina vostra a ritrovar salite.
Fusi rotando, o pettinando lane,
Sedetele vicino, e ne’ suoi mali390
La confortate. Mio pensier frattanto
Sarà, che ai Proci non fallisca il lume.
Quando attendere ancor volesser l’Alba,