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Milano, marzo del ’95.
Andai a casa sua di domenica. Mi rammento d’essermi seduto presso una finestra, avendo a dritta un grande scrittoio vicino al quale egli era, e a sinistra la vista del bastione Monforte, dove operai e botteganti passeggiavano a tre, a quattro con le loro mogli e i loro bimbi, vestiti a festa. Tra la casa e la passeggiata era un giardino ancora nudo, dalle aiole ampie e dai sedili eleganti; e i bambini dell’amico Oliva vestiti di lieti colori correvano lì sotto, gridando gioiosamente.
— Io filosoficamente sono un pessimista e penso che l’arte sia una delle poche consolazioni date all’uomo. Pure anch’essa subisce alti e bassi; ora io sono contento di dire che essa è in un vero progresso