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I MONUMENTI ITALIANI E LA GUERRA




L’ira degli eserciti d'Austria contro i monumenti e le opere d’arte italiane non è cominciata nel 1915 con questa guerra quando i cannoni della flotta imperiale hanno colpito San Ciriaco d’Ancona e gl’idrovolanti hanno bombardato Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna e gli Scalzi a Venezia. È un’ira tenace che dura da secoli, fatta di invidia e di viltà: invidia di quello che i nemici non hanno, che non potranno mai avere e che è il segno dovunque e sempre riconoscibile della nostra nobiltà, così che ferir l’Italia nei suoi monumenti e nella sua bellezza dà a costoro quasi l’illusione di colpirla sul volto; viltà perchè sanno che questa nostra singolare bellezza è fragile e non si può difendere, e percuoterla e ferirla è come percuotere davanti alla madre il suo bambino.

Quest’ira dura da secoli, immutabile, come immutabili sono rimaste, sotto il velo del progresso, le razze e le loro affinità e i loro istinti. Pure non è necessario risalire ad Attila e a Genserico, per ritrovarla. Basta ricordare ai troppi immemori la storia di ieri, e le guerre del nostro ultimo risorgimento.

Il 10 giugno 1848 verso il tramonto la brigata austriaca agli ordini del generale barone Culoz conquistava il Santuario di Monte Berico sopra Vicenza assediata. La resistenza delle truppe del generale Durando era stata così accanita su pei Portici lungo il colle e intorno al convento che nemmeno la santità del luogo frenò la rabbia degli invasori. Il principe di Lichtenstein volle entrare nella chiesa a cavallo, e un nostro ferito, rifugiato là dentro, alzandosi sopra un gomito contro il sacrilego lo abbattè con una rivoltellata. I soldati austriaci traevano intanto fuor dagli armadii della sacrestia i paramenti sacri, se ne vestivano per ludibrio e ballavano così mascherati davanti agli altari. Nella notte saccheggiarono il convento e penetrati nel refettorio squarciarono con le baionette il gran quadro di Paolo Veronese


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