Pagina:Ojetti - I Monumenti Italiani e la Guerra.djvu/12

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che raffigura la Cena di San Gregorio Magno sotto due angeli volanti che reggono un cartiglio con l’augurio "Pax Domini sit semper vobiscum". La mattina all’alba il padre Ferdinando Mantovani entrando lì col generale Culoz vide i Croati calpestare i brandelli del dipinto. Li tolse di sotto i piedi di quei forsennati per ordine dello stesso generale: erano cinque o sei pezzi. Vi tornò nel pomeriggio per porli al sicuro: lo scempio era stato continuato, a freddo: i brandelli erano trentadue. Quando il generale Culoz lo seppe, obbligò il padre Mantovani ormai prigioniero di guerra a firmare una dichiarazione che il dipinto del Veronese era stato ridotto in quelle condizioni dai soldati italiani durante la difesa del convento1.

Da Vicenza a Venezia, giusto un anno dopo. Fu il primo bombardamento di Venezia; fu, naturalmente, opera degli austriaci; e cominciato il 13 giugno 1849 durò ventiquattro giorni. Ventimila proiettili caddero sulla città: quasi mille al giorno. E colpirono nella chiesa di Santa Maria del Carmine il dipinto di Palma il Vecchio la Moltiplicazione dei pani; nella vicina Scuola dei Carmini l’Apparizione della Vergine sul Carmelo di Giambattista Tiepolo e un tondo del Padovanino; l’affresco del Cedini sulla volta di San Barnaba; il soffitto del Fiumani a San Pantaleone; tre quadri del Tintoretto — la Caduta della manna, il Castigo dei serpenti, la Strage degl’innocenti — nella Scuola di San Rocco; le vôlte affrescate di San Tomà e di San Luca; la tavola di Paris Bordone a San Giobbe. Furono anche percosse, ma con danni minori, la chiesa di San Geremia, la chiesa di San Silvestro dove fu uccisa una donna che pregava, la chiesa di San Salvatore che reca ancóra una palla conficcata sulla facciata, la chiesa degli Scalzi dove fu rotta solo una colonna di porfido, e Santo Stefano e San Simeon Piccolo e Santa Maria del Giglio e San Giovanni e Paolo; e i palazzi Loredan, Mocenigo, Comello già Tiepolo, Farsetti, Vendramin-Calergi, Albrizzi, Papadopoli, Pisani a Santo Stefano. Una palla ferì un arco del ponte di Rialto. Un’altra precipitò dentro la sala delle pergamene papali nell’Archivio di Stato ai Frari. Un’altra forò il soffitto


  1. Sebastiano Rumor, Storia documentata del Santuario di Monte Berico. Vicenza, Officina grafica pontificia di San Giuseppe, 1911. Nel 1866 il Comune di Vicenza fece nello stesso refettorio apporre un marmo con queste parole: «Questo capolavoro di Paolo — dagli austriaci irrompenti — il 10 giugno 1848 — ridotto a trentadue pezzi — restituito all’onore dell’arte — per decreto dell’imperatore Francesco Giuseppe I° — per opera di Andrea Tagliapietra — qui venne ricollocato il 19 maggio 1858». Infatti il difficile restauro fu fatto dal pittore veneziano Tagliapietra, con la spesa di lire tremila.
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