Pagina:Omero minore.djvu/173

Da Wikisource.
170 BATRACOMIOMACHIA

Madidi sopra lui pesavano troppo i capelli;
e in tali accenti, già vicino a morire, proruppe:
«Occulta non potrà, Gonfiagote, restar la tua frode:
ché me dal dorso, come da rupe, scagliasti ne l’onde.
Sopra la terra, o tristo, non mai nel pancrazio o alla lotta
tu superato m’avresti, né al corso: perciò con l’inganno
tu m’hai scagliato nell’onde. Ma vigile è l’occhio dei Numi;
e tu, scontar le colpe dei topi alle schiere dovrai».

     Disse, e nell'acqua esalò l'estremo respiro. Lo vide
Leccataglieri, che stava seduto sui molli declivi,
ed un orrendo grido levò, diede ai topi l’annunzio.
Lo scempio udito quelli, fûr pieni di cieco furore,
e dissero agli araldi che all'alba chiamasser le turbe
a parlamento, alla casa di Rodipagnotte, del padre —
misero padre! — di Rubamolliche, che a fior del padule
supino errava, immoto cadavere, e giunto alla riva,
non era, e galleggiava, tapino, nel mezzo dell’acque.

     Giunsero tutti, in fretta, su l’alba cosí. Primo surse
Rodipagnotte, crucciato pel figlio; e cosí prese a dire:
«Sebbene io solo tanta iattura patii dai ranocchi,
per tutti quanti, o amici, la prova sofferta è ben grave.
Or misero sono io, che tre miei figliuoli ho perduti.
Un gatto al primo tolse la vita, il più infesto dei gatti,
che dalla tana fuori lo colse, e fra l’ugne lo strinse.
Gli uomini addussero l’altro, crudeli, al fatale destino,
che ritrovaron con arti mai viste un tranello di legno
distruggitore dei topi, cui dànno di trappola il nome.
Terzo era questo, a me diletto e alla nobile madre,