Pagina:Opere (Rapisardi) IV.djvu/25

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Parte prima, libro I 21

     Se leale e di cor non la credessi.
     250Ma illudersi che val? Nomade, e forse
     Alla tua non gradita, è la mia stirpe
     Che di Seba si noma, inqueta stirpe
     Che d’Abramo e da Chètura discende,
     E, quasi spinta da un destin maligno,
     255In loco alcuno il padiglion non ferma.
     Come onàgro inseguito, a questa valle
     Venne povero e triste il padre mio,
     Al quale ultima crebbi, e non per fermo
     Desiderata, che, tu sai, la prole
     260Ben accetta fra gli agi, ingrata sempre
     Giunge a colui che nell’inopia vive.
     Addio dunque, o cortese; il nome porto
     Della moglie d’Abramo, e a par d’ignoto
     Spinoso arbusto nel deserto io vivo.
     265Così parlando, sospirosa in core
     Accingeasi con lenti atti al ritorno.
     Ma il tenace garzon non si contenne
     Si di leggieri, poi che amor gli avea
     Penetrato ogni fibra, e con bollenti
     270Flutti nel cor gli concitava il sangue:
     L’una man con solenne atto distese
     Di contro al Sol; serrò con l’altra a lei
     Mal repugnante la verginea destra,
     E così le giurò: Se gli occhi miei