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Agli scrittori novellini 89

sto) chi aspira alla vita pùbblica, vuòi delle lèttere, vuòi della polìtica, deve per tempo assuefarsi a vedere le sue opinioni crivellate, sperate; i suoi intendimenti, fossero i più savi, male interpretati; i suoi scopi, per quanto purissimi, attraversati. I primi assalti tùrbano tanto quanto. Ci attendevamo a un trionfo, come dicèvano i latini, impulvereo: èccoci invece obbligati a saltar fossi, a scavalcar siepi, in una parola, a disputar la vittoria. Un’acuta irritazione ci si sveglia allora nell’ànimo, un impulso di resistenza, una smania di vendicarci di nemici che non ci sembra di meritare. Senonchè, se abbiamo il coraggio di non pèrdere il tempo in lotte dipinte, ma di guadagnarlo con altri scritti, con altri fatti, i pròssimi assalti o saranno o ci parranno più fiacchi. S’impara infatti, che il combattimento è la indispensàbile conseguenza di ogni nuova manifestazione del pensiero, che l’opposizione è tanto più viva quanto più l’idea appartiene al progresso, che la crìtica è una necessaria e benèfica intemperie come il vento, come la pioggia; cosicchè, a poco a poco, ci subentra quella serena equanimità — da non confòndersi colla indifferenza — la quale, non solo sà presentare il biàsimo degli avversari, spoglio d’ogni amarezza ed offesa, ma insegna a cavarne ogni possibil vantaggio. Maxima saepe ab inimicis salus. Beninteso, che sopportar bene la crìtica, non significa affatto saper crollarsi di dosso con disinvoltura ogni insulto. Data a tempo, una leonina unghiata è òttima marca di fàbbrica.

Resti dunque a dormire, nel suo sepolcro di versi, il consiglio del cisposo Orazio — consiglio che probabilmente non era seguito neppure da lui — di lasciare che una decennale muffa fiorisca sui nostri lavori, prima di di-