Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/450

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430 capitolo

Viltate è quello, con l’altre consorte
     D’Ambizione, son quelle ferite,
     123C’hanno d’Italia le provincie morte.
Lascio di Siena la fraterna lite;
     Volta gli occhi, Luigi, a questa parte
     126Fra queste genti attonite, e smarrite.
Vedrai d’Ambizion l’una, e l’altra arte,
     Come quel ruba, quell’altro si duole
     129Delle fortune sue lacere, e sparte.
Rivolga gli occhi in qua chi veder vuole
     L’altrui fatiche, e riguardi, se ancora
     132Cotanta crudeltà vide mai il Sole.
Ch’il padre morto, e ch’il marito plora;
     Quell’altro mesto del suo proprio letto
     135Battuto, e nudo trar si vede fora.
O quante volte avendo il padre stretto
     In braccio il figlio, con un colpo solo
     138È suto rotto all’uno, e l’altro il petto!
Quello abbandona il suo paterno suolo
     Accusando gli Dei crudeli e ingrati
     141Con la brigata sua piena di duolo.
O esempi non più nel mondo stati!
     Perchè si vede ogni dì parti assai
     144Per le ferite del lor ventre nati.
Dietro alla figlia sua, piena di guai
     Dice la madre: a che infelici nozze,
     147A che crudel marito ti servai?
Di sangue son le fosse e l’acque sozze,
     Piene di teschi, di gambe, e di mani,
     150E d’altre membra laniate, e mozze,
Rapaci uccei, fere silvestri, cani
     Son più le lor paterne sepolture.
     153O sepolcri crudei, feroci, e strani!