Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/451

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capitolo 431

Sempre son le lor faccie orrende, e scure,
     A guisa d’uom, che sbigottito ammiri
     156Per nuovi danni, o subite paure.
Dovunche gli occhi tu rivolti, e giri,
     Di lacrime la terra e sangue è pregna;
     159E l’aria d’urli, singulti, e sospiri.
Se da altrui imparare alcun si sdegna,
     Come si debba Ambizione usarla,
     162Lo esempio tristo di costor lo ’nsegna.
Da poi che l’uom da sè non può cacciarla,
     Debbe il giudizio, e l’intelletto sano
     165Con ordine, e ferocia accompagnarla.
San Marco alle sue spese, e forse invano
     Tardi conosce come li bisogna
     168Tener la spada, e non il libro in mano.
Pur altrimenti di regnar s’agogna
     Per la più parte; e quanto più s’acquista,
     171Si perde prima, e con maggior vergogna,
Dunque se spesso qualche cosa è vista
     Nascere impetuosa, ed importuna,
     174Che il petto di ciascun turba, e contrista,
Non ne pigliare ammirazione alcuna;
     Perchè del mondo la parte maggiore
     177Si lascia governar dalla fortuna.
Lasso! or, che mentre nell’altrui dolore
     Tengo or l’ingegno involto, e la parola,
     180Sono oppressato dal maggior timore.
Io sento Ambizion con quella scuola,
     Ch’al principio del mondo el Ciel sortille,
     183Sopra de’ monti di Toscana vola;
E seminato ha già tante faville
     Tra quelle genti sì d’invidia pregne,
     186Ch’arderà le sue terre, e le sue ville,
Se grazia, o miglior ordin non la spegne.