Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/158

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138 GUERRE PERSIANE


V. Aveavi in Cizico un vescovo di nome Eusebio, uom per nulla men di Giovanni incomportabile e tristo, ed i cittadini spesso eransi richiamati delle costui vessazioni, ma il favore di che godea in corte aveva renduto vana ogni lamentanza loro, quindi è che alcuni giovani insidiandone la vita il trafissero in mezzo al foro, e dal volgo si tenne il Cappadoce, palese nemico del morto, complice di tale misfatto. I giudici pertanto inviati dal senato romano a formare il processo ordinano che sia incarcerato Giovanni, e svestito e frustato a guisa di ladrone, avvegnachè potentissimo un tempo tra gli ottimati, prefetto ed anche console1, massima delle romane dignità, per avere da lui tutta la consorteria di quella uccisione; ma nulla potè la sevizia persistendo egli a dichiararsi affatto innocente ed al buio di sì grave colpa. Era non di meno scritto negli eterni decreti che dovesse così pagare il fio dei mali arrecati all’imperio; laonde, senza punto di riguardo alle proteste sue, fu con sentenza privato d’ogni bene di fortuna e condotto via da colà su d’una barca, dalla quale, coperto non più che d’ispida tunica e per pochi oboli compra, era dalle sue guardie costretto a discendere ed elemosinare ovunque essa approdava. Scorsi in tal condizione parecchi luoghi dell’Egitto arrivò ad Antinoopoli2, e

  1. Fu l’antipenultimo console dell’imperio costantinopolitano, ricoprendo in pari tempo la prefettura del pretorio.
  2. Essa viene eziandio rammentata da Pausania con queste parole: «Sul Nilo gli Egizj hanno una città del nome di Antinoo» (Delle cose arcadiche).