Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/212

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202 GUERRE GOTTICHE

sere spettatore delle riferte altrui. Ed a coloro che di là giunsero a noi tali furono le mie interrogazioni: Cosa mi narrate intorno alle fissate epoche del levare e tramontare del sole che producono il giorno? E quelli mi risposero candidamente: Che pe’ mentovati giorni quaranta il sole non vi tramonta mandando ora da oriente, ora da occidente sua luce agli abitatori, e quando, rivolto il corso e piegato verso l’orizzonte, fa ritorno là dove surgendo apparve computano lo spazio trascorso eguale ad un giorno ed una notte. Giunto che sia poi il tempo di continue tenebre, osservando attentamente i corsi della luna calcolano il numero de’ giorni, ed allorchè quella lunga mancanza di luce ebbene durato trentacinque sogliono taluni ascendere alla cima de’ monti, e da quivi al presentarsi comunque agli sguardi loro il sole tosto ne danno avviso ai compagni rimasi giù dall’erta, annunziando che tra dì cinque l’astro benefico tornerà ad illuminarli; e sì felice annunzio vien celebrato con pubblica festa, maggiore d’ogni altra presso di loro. E per verità quantunque ogni anno e’ veggano lo stesso fenomeno, pure sembrami che paventino fortemente non il sole voglia abbandonarli per sempre.

II. Fra le genti di Tule una popolazione (appellata Scritifini) ha consuetudini onninamente ferine. Costoro non usano vesti, camminano scalzi, non gustan vino, nè colgono dalla terra alcuno de’ cibi, i maschi non dandosi all’agricoltura, nè le femmine al lanificio; ma uomini e donne accudiscono alla caccia, que’ monti e quelle vastissime foreste somministrando gran copia di