Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/359

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LIBRO TERZO 349

numero degli avversarj, vuoi per farli con inganno prigioni, siccome pur troppo avvenne. Isacco e le sue truppe entrati nel campo nemico mettonvi a ruba l’argento e tutto il di più quivi riposto. Se non che nel tornare indietro ecco i Gotti andar loro addosso, romperli con grandissima strage, e condurre seco in ischiavitù il duce unitamente ai pochi risparmiati dal ferro. I cavalieri a briglia sciolta corrono ad annunziare la triste nuova a Belisario, il quale fattene le più grandi maraviglie ommise di chiedere in proposito le opportune informazioni; di più reputando perduto Porto, la moglie e tutto il frutto di quella impresa, nè avervi più luogo munito ove riparare sè stesso all’uopo e la gente sua, instupidì, cosa di vero mai più accadutagli in prima; ritirò adunque immediatamente l’esercito colla mira di assalire quindi all’impensata i barbari, e di riprendere ad ogni costo quel forte. Così i Romani si levarono di prima di condurre a termine le cominciate operazioni. Il capitano poi avvicinatosi a Porto conobbe ed il fallo commesso da Isacco, ed il gravissimo danno apportato dal suo intempestivo perturbamento. Tale sinistro forte addoloronne l’animo, e produssegli grave malattia nel corpo, di guisa che pigliato da febbre ardente dopo assai lunghe sofferenze pervenne agli estremi della vita. Corsi due giorni Ruderico si muore, e Totila dispiacentissimo di questa perdita ordina l’uccisione d’Isacco.