Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/420

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410 GUERRE GOTTICHE

tanto adoperandosi scaltritamente onde pervenisse il principato al figlio, condannò il nipote, accusandolo di falso delitto, all’esiglio, e costui pronto si rifuggì con altri pochi su quel dei Varni, abbandonando in patria due figli, ma pur quivi il zio indusse con danaro quei barbari a dargli morte. Dei figli poi l’uno fu vittima di morbo, e l’altro chiamato Ildisgo ebbe salute riparando presso degli Sclabeni. Dopo breve periodo il re passato di questa vita, il regno de’ Longobardi toccò al suo nato Valdalo, il quale per anche di tenerissima età ebbe a tutore ed a reggente della monarchia Auduino, che rendutosi per l’onorevole sua carica molto forte, col mancare ai vivi d’improvvisa malattia il pupillo, fu assunto al regno. Suscitatasi alla perfine la guerra tra Gepidi e Longobardi, Ildisgo con quanti degli ultimi aveanlo seguito nella fuga e con forte mano di Sclabeni accorse in aiuto de’ primi sperando ricuperare il trono. Se non che rappattumatesi le due fazioni Auduino tosto domandò ai Gepidi, come ad amici, il fuggitivo, ma questi disdegnando farne la consegna esortaronlo a cambiare liberamente cielo. Ildisgo allora senza indugio pigliati a compagni i suoi e pochi volontarj di que’ paesani tornò presso degli Sclabeni. Quindi partitosi novamente di là con seco non meno di sei mila guerrieri statuì di raggiugnere Totila, ed al metter piede sull’agro veneto scontratosi coll’oste romana comandata da Lazaro impugnò le armi e voltala in fuga molti ne uccise; di poi cambiato ancora consiglio riandò, valicando il fiume Istro, nella regione donde erasi partito.