Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/48

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40 GUERRE GOTTICHE

rittima città (Napoli ha nome) assai forte, e guardata da grosso presidio di gottica gente. Quivi il condottiero, dato ordine ai vascelli che entrati nel porto gittassero le àncore a un tiro d’arco dalle mura ed eretti gli steccati, ebbe a patti un castello de’ sobborghi; accordò poscia ai cittadini, secondandone la preghiera, che inviassero ne’ suoi alloggiamenti alcuni degli ottimati, per manifestargli col mezzo loro quanto e’ sapessero bramare, e per averne risposta. E di subito vide al suo cospetto l’ambasciadore Stefano, il quale espose in questi termini la sua mandata: «Operi ingiustamente, o duce, nel guerreggiare innocenti Romani abitatori d’una cittadetta, e per guisa tenuti in freno da presidio di barbari padroni, che pur volendo in nulla possono contraddirli. Eglino di più col venire alla difesa delle nostre mura nelle mani di Teodato lasciarono i figli, le mogli, ed ogni preziosissima suppellettile; il perchè se unissersi ben anche a noi per tendergli qualche insidia, estimerebbonsi meglio traditori di loro stessi che non della città nostra. Aggiugnerò in oltre, se m’è dato confessarti liberamente la verità, essere a voi medesimi perniziosa la fatta risoluzione di assalirci; imperciocchè riusciti una volta ad impossessarvi di Roma, addiverrete similmente e con tutto vostro agio padroni di Napoli, e rispinti da quella non potrete aver sicurezza neppur tra noi; laonde assediandoci spendereste indarno il vostro tempo.» Così l’ambasciadore.

II. Rispondeva il romano duce all’orazione di Stefano. «Se bene o male, se con prudente e diritto consiglio noi siamo qui venuti nol sommettiamo all’esa-