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100 discorso storico

a’ suoi nipoti un regno, che per tutte le leggi divine ed umane era loro dovuto, con averli anche di poi perseguitati» 1. Queste poche parole d’uno scrittore così diligente e sagace, possono servire per un esempio solenne di quell’usanza, troppo comune, di giudicar fatti vecchi con regole nuove. Nelle leggi divine, non credo che si possa trovarne una, per cui i figli di Carlomagno dovessero succedergli nel regno. E in quanto all’umane, l’egregio Muratori sapeva meglio d’ogni altro che, presso i popoli settentrionali, la successione al regno era regolata, non da leggi scritte, ma da consuetudini; e che la consuetudine de’ Franchi, in que’ tempi, era d’eleggere nella famiglia del re morto colui che paresse il più adattato. Così erano stati creati re Carlo e Carlomanno, dopo la morte del loro padre Pipino 2. S’andava bensì verso la successione ereditaria; ma s’era ancora ben lontani dall’esserci arrivati. Dimanierachè la vera usurpazione sarebbe stata quella che voleva Desiderio; il quale in fatti non si vede che mettesse in campo altro argomento che quello della forza. Se avesse parlato di leggi divine e umane, Adriano non avrebbe avuto a far altro che domandargli se lui, successore d’Astolfo, era figlio d’Astolfo. Dovremo toccar di nuovo questo punto, nel capitolo V.


§ 4.


Delle Giustizie di san Pietro.


Questa formola usata continuamente, e nelle lettere de’ papi ai re franchi, e nelle cronache, per indicar ciò che i papi pretendevano dai re longobardi, è stata interpretata in diverse maniere. Il Muratori 3, copiato poi dall’autore delle Antichità Longobardico-milanesi 4, definisce queste giustizie: «allodiali, rendite e diritti, che appartenevano alla Chiesa romana nel regno longobardico;» ma senza addurre alcun motivo d’una tale opinione; la quale, del resto, è contradetta dai documenti medesimi. Bastino in prova queste parole di Paolo I, in una lettera a Pipino: «Le giustizie di san Pietro, cioè tutti i patrimoni, e i diritti, i luoghi, i confini, i territori delle nostre diverse città della repubblica de’ Romani 5.» Una congettura più pensata è proposta dal signor Sismondi: «Le città regie, dice, ossia le tenute della corona, erano in Francia governate da giudici; è quindi probabile che, nelle donazioni fatte a san Pietro, siano state indicate col nome di giustizie 6.» Ma, in verità, è troppo poco per costituire una tal probabilità. Bisognerebbe almeno che il vocabolo avesse avuto quel significato presso i Franchi; e non ce n’è, ch’io sappia, un solo esempio. Si trova bensì nelle loro leggi con un altro significato; il quale, se non m’inganno, è quello che si cerca nella formola in questione. Ne’ Capitolari di Carlo Magno è intimata una pena

  1. Annal., ann. 771.
  2. Franci siquidem, facto solenniter generali conventu, ambos sibi reges constituunt, ea conditione proemissa ut totum regni corpus ex aequo partirentur Eginh, Vita Kar., 3. Filii vero ejus. Karolus et Karolomannus, consensu omnium Francorum, reges creati. Id, Annal. ad ann 768.
  3. Annal., an. 769.
  4. Dissert. 1, pag. 83.
  5. ...... omnes iustitias fautoris vestri B. Petri Apostolorum principis, omnia videlicet patrimonia, jura etiam et loca atque fines et territoria diversarum civitatum nostrarum Reipublicae Romanorum.... Cod. Car. 21.
  6. Histoire des Français, tom. II, pag. 281.