Pagina:Opere varie (Manzoni).djvu/111

Da Wikisource.

capitolo secondo 105

rimento. Tra tutte poi le memorie del medio evo, le più segnalate per laconismo, per omissioni su tutto ciò che riguarda la popolazione conquistata, sono forse quelle che ci rimangono della dominazione longobardica in Italia.

Malgrado questa scarsità di notizie, c’è, sulle relazioni de’ due popoli, almeno per un certo periodo della loro convivenza, un’opinione espressa con molta sicurezza da scrittori riputatissimi, e ricevuta con fiducia dalla più parte di coloro ai quali piace d’avere, in poche parole, de’ giudizi generali sull’epoche importanti della storia. Ed è che, già prima della conquista di Carlomagno, Longobardi e Italiani fossero diventati un popolo solo. Quest’opinione ci proponiamo d’esaminare.

Il primo, a mia notizia, che l’abbia, non so s’io dica espressa o iniziata, fu Giovanni Villani, con queste parole: «E così per gran tempo signoreggiarono i Longobardi in Italia; tanto che si convertirono in paesani per tutta Italia 1.» Dopo lui (non oserei dire dietro lui), il Machiavelli: «Erano stati i Longobardi dugento ventidue anni in Italia, e di già non ritenevano di forastieri altro che il nome 2.» Poi, con affermazione non meno sicura, e con più apparenza e precisione, il Muratori: «Divenuti Romani e Longobardi un popolo solo, ecc. 3.» Finalmente, con termini ancor più qualificativi, un autor più moderno: «Felice esser doveva anzi che no la condizione dei cittadini sì longobardi che italiani, i quali con loro formavano uno stesso corpo civile, ed una stessa repubblica 4

In queste asserzioni generalissime si trovano affermati molti fatti, e specialmente questi: che nessuna delle due razze aveva diritti politici dai quali l’altra fosse esclusa, val a dire che, tra le condizioni che potevano esser richieste per posseder questi diritti, non entrava punto l’appartenere all’una o all’altra; che, per conseguenza, il potere non era ristretto privativamente in una, che le persone investite d’un’autorità qualunque erano indifferentemente di quella de’ conquistatori, o di quella de’ conquistati, e quindi un Italiano poteva essere il superiore d’un Longobardo, come viceversa; che, se c’erano distinzioni ereditarie di gradi, di titoli, d’autorità, queste distinzioni si trovavano sparse nelle famiglie delle due nazioni; che, in somma, il discendere da Longobardi o da Italiani, era un semplice fatto genealogico, senza alcuna conseguenza politica o civile.

Un tale stato di cose, a que’ tempi, sarebbe certo un fenomeno de’ più singolari della storia; ma questa singolarità appunto deve avvertirci di non ammetterlo, senza buoni argomenti. Quattro, ch’io sappia, ne sono stati piuttosto accennati che esposti; e sono: la lunga durata dell’occupazione; il non avere i Longobardi conservati altri stabilimenti fuori d’Italia; la loro conversione; i matrimoni. Esaminiamo brevemente questi quattro argomenti.

  1. Ist. Fior, lib. 2, cap. 9, dell’edizione del Muratori; Rer. It., t. XIII.
  2. Ist. Fior., lib. 1.
  3. Muratori, Antich. It., diss. 21. Chi conosce appena appena la storia del medio evo, sa che, tanto in Italia, quanto nelle Gallie, e nelle Spagne, i popoli conquistati eran chiamati Romani, cioè col nome dei loro antichi padroni. Così, in quella parte dell’antico impero romano, dove i conquistatori sono ancora affatto separati e distinti di nome e di fatto, la parte occupata dai Turchi, gl’indigeni serbano ancora il nome di Romei.
    Nel seguito di questo discorso useremo indifferentemente i nomi d’Italiani, di Romani, e anche di Latini, per indicare i nativi della parte d’Italia posseduta da’ Longobardi.
  4. Antich. longobardico-milanesi, diss. I, § 71. L’uno e l’altro scrittore parlan de’ tempi che precedettero la conquista di Carlomagno.